Una seconda primavera Arrampicare alla Schafbergwand
Dalla valle del Reno in direzione di Wildhaus attrae improvvisamente l’osservatore: la Schafbergwand. Grazie a risanamenti e a nuovi itinerari conosce ore la sua seconda primavera.
Kein Wasser, kein Mond: un nome, una via, che hanno reso famosa una parete. E, sì: un’intera regione. Con questa pietra miliare nella storia dell’arrampicata sportiva, nel 1985, con ampio anticipo sui tempi, Martin Scheel scriveva un punto esclamativo. Oggi ancora, stelle dell’arrampicata di fama internazionale si cimentano con questa via. E sebbene il tipo di arrampicata di questo pilastro verticale e leggermente strapiombante non regga il confronto con le atletiche vie odierne, queste quattro lunghezze fino a 7c esigono il massimo da chi le percorre. Nessuna meraviglia, quindi, che dei professionisti famosi abbiano già classificato la via con un pieno 8a. La storia dell’apertura della Schafbergwand inizia nel 1981. Se in un primo tempo si cercavano crepe e fenditure, i suoi primi percorritori osarono sempre più le ripide placche con i solchi superficiali lasciati dall’acqua.
Cani sciolti
L’arrampicata si faceva sempre più audace, gli intervalli fra i chiodi sempre maggiori. In alcune vie, le distanze tra le assicurazioni intermedie erano enormi. Che quei pionieri fossero davvero in gamba lo dimostra la storia di Galoschen des Glücks. Bertram Burtscher, uno di loro, raccontava che percorrevano regolarmente la Sandührliweg, e una volta persino Sandy in the Moon, quasi a mo’ di riscaldamento, senza corda, per poi… incordarsi brevemente per i tiri chiave della Galoschen. Con tre chiodi normali a 70 metri, il resto della via continuava a essere in pratica di nuovo una free solo.
Un esito quasi fatale toccò per contro a Wilfried Amann, anch’egli un attivo apritore di quei tempi. Non fidandosi troppo della penultima sosta, la superò cercando la fortuna nella fuga in avanti – per poi decollare in modo tanto violento da trascinare con sé anche la sosta. Il fatto che ancora durante il volo agitasse violentemente i suoi occhiali – e che in seguito li tenesse effettivamente ancora in mano – la dice tutta. Cani sciolti, semplicemente. Solo anni più tardi la sosta venne nuovamente attrezzata.
La bella addormentata
Ma accadde ciò che doveva accadere. Alla fine degli anni 1990, sulla parete scese la quiete, tanto da farla sembrare quasi dimenticata. L’arrampicata plaisir prendeva piede e le nuove guide facilitavano la frequentazione di altri siti: chi voleva ancora rischiare l’osso del collo? Ormai solo poche delle citate classiche e due nuove vie, meglio assicurate, Bridge of Light (6c) e Patschli (6b+), erano meta di qualche visita spontanea. Ma in qualche modo, alla fin fine le si era conosciute. A poco servì anche il risanamento eseguito nel 1998 alla variata, e per la Schafbergwand già quasi atipicamente ripida, via in fessura Bösch/Frei (6c/6c+, 5c+ A0). Praticamente una sola via riuscì in tutti quegli anni a non essere toccata: la Schafbergkante. Con 12 tiri, non è soltanto la più lunga, ma a fronte del suo massimo di 5b anche la più facile del sito.
Nuova vita
Nel 2004 Thomas Ammann si fece coraggio e risanò Da muesch en Dickä schickä con il leggendario attacco, che da solo era costato a molti le proverbiali sette camicie, la Langstrasse, con il tiro di attacco estremamente pericoloso attraverso la Thurgauerweg, l’ultraclassica Sandührliweg e una delle più belle vie della zona, Sandy in the Moon. L’intervento fu equo: bene assicurate, sì, ma tuttavia ancora esigenti. E di certo nessuna scala di tasselli. Qualche tempo dopo, Walter Hölzler si accinse a risistemare la parte centrale di Piccolo. La guida dell’Allgäu la usò come logica via di riscaldamento per la sua prima di Tanz auf dem Regenbogen che, con difficoltà fino a 7a+, rappresenta il compimento dell’arrampicata su placche ripide. Chi volesse qualcosa di ancor più sostanzioso può anche percorrere Grössenwahn (7c+/8a) o Meridian (7c), sempre risanate da lui. Questa prima ondata di risanamenti ridiede vita al sito. Anche Frospfeiler (6c+) ha avuto nuovi chiodi e offre una splendida vista su Kein Wasser, kein Mond. Il punto fermo temporaneo alla storia delle aperture l’hanno posto Marcel Dettling e chi scrive, con il ripristino di Garten Eden e Galoschen des Glücks, come pure con il nuovo itinerario Blues in my Shoes. In una splendida giornata di ottobre del 2016 si sono contate nove cordate in otto diverse vie – e questo solo nella parte destra della parete. L’attività è tornata febbrile, come ai vecchi tempi. Per fortuna: poiché il qua e là anche sorprendentemente ruvido calcare alpino vale da sé il viaggio.