Un quattromila sul filo Il Weissmies per la cresta nord
Dominatore della triade che forma con il Fletschhorn e il Lagginhorn, il Weissmies non è solo un quattromila facile. Gli amanti dei percorsi tecnici e aerei troveranno nella sua cresta nord un terreno di giochi tra i più spettacolari.
In equilibrio tra la Laggintal selvaggia e la formicolante Saastal, poche cordate mattutine avanzano lungo un filo di gneiss. Si fanno strada in un caos di roccia parzialmente sfaldata, alternata a belle placche compatte e aeree che superano a tratti in aderenza, a tratti sul filo. Il «mischio bianco» – «wies miesch» nel dialetto locale – che ricopre la vetta e il suo versante nord-occidentale sembra esercitare su di esse una misteriosa attrazione. Sanno infatti che, dopo questo corpo a corpo con la roccia, finiranno per mettervi piede. Lasciandosi alle spalle le maggiori difficoltà della cresta, non dovranno allora far altro che seguire funambolescamente quel filo bianco teso nel cielo. Fino alla cima.
Dal Lagginjoch fino al duomo di Milano
Un chilometro e mezzo di roccia dal Lagginjoch seguito da 700 metri di un filo dapprima misto, poi finalmente nevoso. La cresta nord del Weissmies ha delle caratteristiche che la fanno annoverare tra le più belle imprese della Saastal. Bellissimi passaggi dai nomi talvolta evocativi, come il «Ross» (cavallo), si succedono lungo lo spigolo roccioso. La struttura geologica della cresta – strati inclinati – può far temere il peggio in termini di solidità, ma per la gran parte della via nulla preoccupa in tal senso. Addirittura, in taluni punti la compattezza della roccia si rivela tale da aver dato luogo a un atto maldestro: in effetti, delle prese sono state ingrandite a colpi di martello nella placca che costituisce il passaggio chiave. Ciò nonostante, i puristi si rassicurino! Solo qualche raro chiodo o spit facilita l’assicurazione qua e là, senza in alcun modo snaturare il carattere di «alta montagna» della gita.
Il filo innevato conferisce una preziosa diversità al viaggio. Sei ore dopo aver lasciato la stazione della teleferica di Hohsaas, l’arrivo in vetta al 4000 più orientale delle Alpi vallesane fa venir voglia di planare. Sull’Italia, per esempio. Fino a Domodossola, lontana solo una ventina di chilometri ma 3700 metri più bassa. O a Milano, della quale taluni sosten-gono che, con il cielo terso, si scorga il duomo.
Un labirinto di crepacci
Su un quattromila vallesano sono rare le vie che possono vantare un avvicinamento tanto breve per una parte degna di interesse tecnico tanto lunga. Come il vicino Lagginhorn, il Weissmies approfitta infatti della vicinanza agli impianti di risalita di Saas-Grund e della presenza della Weissmieshütte a pochi passi dalla stazione superiore di Hohsaas. Le cordate meglio allenate possono così pensare alla cresta nord del Weissmies in una giornata.
Il rovescio della medaglia? La facilità tecnica della via normale, unita all’avvicinamento molto breve, ne fanno una grande classica di un giorno, molto frequentata a partire da Hohsaas. La discesa lungo questo itinerario di grande bellezza sopra il Triftgletscher offrirà l’opportunità di incrociare orde di alpinisti debuttanti che delle guide accompagnano alla conquista del loro primo quattromila. Si vedranno persino dei pretendenti alla vetta camminare slegati su questo ghiacciaio, peraltro pieno di crepacci. L’opportunità di trovarsi paracadutati a 3000 metri di quota senza il minimo sforzo non è senz’altro estranea. Ma non deve per questo far dimenticare che l’itinerario è un vero e proprio labirinto disseminato di trappole, sotto forma di crepacci sbadiglianti e di ponti di neve dalla solidità incerta. Una realtà da non prendere alla leggera, dunque, affinché il richiamo della «schiuma bianca» non si trasformi in canto delle sirene.