Re e mendicanti Arrampicate invernali sul Bettlerstock
D’inverno, molti scalatori non vedono alternative al sud. E di certo, laggiù i siti di arrampicata sono numerosi e il clima è mite. Per questo, le opportunità offerte dal versante settentrionale delle Alpi finiscono nel dimenticatoio – a torto.
Questo è un lunedí mattina tranquillo a Engelberg. I giorni febbrili di Natale e capodanno sono passati, la stagione intermedia ha fatto il suo ingresso. Fa freddo anche nel villaggio del convento ai piedi del Titlis. L’irradiazione notturna ha fatto precipitare le temperature a valori glaciali. Solo nella tarda mattinata il basso sole invernale riuscirà a raggiungere il fondovalle. Ben più attraenti appaiono quindi sopra il Brunni le luminose pareti calcaree del Sättelistock e del Laucherenstock.
La funivia di Ristis e la successiva seggiovia ci avvicinano ai caldi raggi del sole. Alla Brunnihütte CAS, il gruppo degli sciatori deve pazientare ancora un momento prima che il ripido scilift del Schonegg entri in servizio. Snowboard in spalla e racchette ai piedi, l’attesa viene aggirata: c’è il sole, un’ottima ricompensa per la salita a piedi. Mezz’ora più tardi, al Bettlerstock, ben sapendo cosa li attendeva, gli accompagnatori hanno già scavato con la pala da valanghe una comoda piattaforma nella neve primaverile compatta ai piedi della parete.
Arrampicate i maglietta
Estremamente ruvido e compatto, il calcare di alta montagna del lato sud-orientale della sporgenza è gradevolmente caldo. L’arrampicata è fatta di piccole prese, atletica. Già i primi metri richiedono il massimo impegno. E ben presto, gli scalatori si tolgono i capi tecnici. Grazie alla calma di vento nella conca riparata, nei pressi della roccia riscaldata le temperature raggiungono gradevoli valori primaverili, anche mentre si assicura. La concentrazione orientata all’ambiente immediatamente circostante, si potrebbe facilmente confondere la stagione. Solo un’occhiata alla valle, verso gli invernali e innevati campi di sci dello Jochpass e del Titlis provvede a correggere la percezione.
Una lunga tradizione di scalate
Sul Bettlerstock si arrampica da molto tempo. Nessuna meraviglia, dato che l’elegante ago roccioso nel versante sud-occidentale del Rigidalstock è visibile da tutt’intorno. Già nel 1973 i locali Arnold Würsch e Franz Berlinger conquistarono in arrampicata tecnica e con l’ausilio di chiodi a espansione il pilone sud, alto 70 metri e parzialmente strapiombante. Negli anni Novanta, gli arrampicatori sportivi scoprirono il potenziale della sporgenza un po’ più bassa, sottostante la cospicua torre. Oggi, questa palestra facilmente raggiungibile tutto l’anno conta una ventina di vie monotiro in una roccia a prova di bomba.
Senza che ce ne accorgessimo, si è fatto più fresco. Solo dove il suo angolo è migliore il sole invita ancora realmente a sostare. Mancano solo un paio di passi al lato della sporgenza orientato a sud-ovest. In direzione nord, lo sguardo è libero; le cime prealpine disegnano lunghe ombre sul compatto mare di nebbia che ricopre il Mittelland.
Un mendicante rende sovrani
Da dove il Bettlerstock derivi il suo nome – Bettler, mendicante – è difficile da dire. Che un tempo il solitario guardiano della regione del Brunni risvegliasse associazioni con i più socialmente svantaggiati? La relazione tra eremitaggio e ordine dei mendicanti ha forse avuto un ruolo nella scelta del suo nome?
Ma forse, questi tentativi di far chiarezza vanno troppo lontano, poiché un po’ di fantasia permette di riconoscere in questa struttura rocciosa il bastone di un mendicante. E come sempre, sul Bettlerstock ci si sente re.
Giù, nella valle, brillano le prime luci. Con gli ultimi raggi del sole calziamo sci e tavole. La discesa, tuttavia, non è proprio un piacere, poiché la neve gelatinosa dei pendii molto frequentati inizia già a gelare. Più in basso, sulle piste ormai deserte, si scivola con un ben minore dispendio di energia. Al Ristis saliamo sulla funivia, assieme agli ultimi sciatori. Abbiamo finito di essere dei re. Ma non siamo neppure mendicanti.