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2016/10
Pierre Burkhart
Proposte di itinerari

Per larici infuocati Gite autunnali in Valmalenco

Per gran parte degli svizzeri, la Valmalenco dista mezza giornata di viaggio e diverse ore di cammino. Quando la si raggiunge, però, non la si vorrebbe più lasciare. Soprattutto d’autunno, quando i gelidi versanti di Bernina e Disgrazia si oppongono all’arancione infuocato dei larici.

Nebbia mattutina alla Bocchetta delle Forbici. Dopo la salita al Rifugio Carate Brianza il percorso attraversa in un ampio arco la selvaggia Valle di Scerscen. Segue quindi il Torrente di Scerscen verso valle e, passando per l’Alpe Musella, fa ritorno al Rifugio Zoia. A sinistra si erge il Monte delle Forbici, e la deviazione per la sua vetta vale i 300 metri di dislivello supplementari. Ad ogni modo, della vista sull’imponente versante meridionale del Bernina godono anche coloro che superano «solo» il passo.

Sur fond de Valle Poschiavina se dessine l’ombre fantomatique d’un éperon rocheux. Sa vision sur l’arête large qui domine les Laghi di Campagneda est éphémère. Il n’est pas donné à tout un chacun de la distinguer, ce qui n’enlève toutefois rien au charme de cette randonnée.

Il Rifugio Zoia è il punto di partenza di tutte le imprese possibili in Valmalenco. Deve il suo nome a Raffaello e Alfonso Zoja, periti in un incidente mortale sul Gridone nel 1896: in loro memoria, la madre offrì al Club Alpino Italiano i mezzi con cui la capanna venne costruita. Nel 2006, il CAI vendette l’albergo di montagna, che da allora viene gestito privatamente. Il rifugio può essere raggiunto in automobile e vanta uno standard più prossimo all’albergo che non a una baita di montagna. Pizzoccheri, polenta, vino della Valtellina, formaggio casereccio, torte e genepì non mancheranno di preparare gli affamati sportivi alle fatiche della giornata successiva.

Molti detriti e minuscoli laghetti caratterizzano la via per il Monte Spondascia. Salita e discesa dal Rifugio Zoia in sole tre ore per un panorama mozzafiato a 360 gradi. Accanto a turisti, formaggio di capra, bresaola e salumi, la pietra è un importante ramo economico della Valmalenco. La cava più importante si trova a Chiesa e produce soprattutto piode per la copertura di tetti. Lo smercio è assicurato, poiché la legislazione locale impone questo tipo di coperture.

Gli ultimi metri del Monte Spondascia sono ripidi, ma la via, assicurata con catene, è ben percorribile. La fatica paga, poiché il panorama che si gode dalla vetta è uno di quelli che fanno la fama della Valmalenco: al centro il Monte Disgrazia (3678 m), alla sua destra il Monte Sissone (3330 m). Girando la testa di 90 gradi verso nord, appare il massiccio del Bernina. L’ombra del Monte Spondascia si proietta sul Lago di Campo Moro. A sinistra della diga, circondato da alberi, ecco il Rifugio Zoia, il «campo base» delle escursioni qui descritte.

Dietro, in Valle di Scerscen, al piede meridionale del Bernina. Dal Rifugio Marinelli Bombardieri si vede il ghiaccio del Vedretta di Fellaria. Qui, due monumenti ricordano che neppure una regione discosta come la Valmalenco è al riparo dagli eventi del mondo. Il Monumento e il Cimitero degli Alpini sono entrambi raggiungibili dal Rifugio con piccole deviazioni. Ricordano 24 soldati travolti da una valanga durante la prima guerra mondiale.

D’autunno, i boschi di larici accesi di arancione – qui in direzione dell’Alpe Musella – caratterizzano le zone più basse della Valmalenco.

Sul Pass da Cancian (2464 m) il sentiero è assente, la via è ben segnalata. Ma quando nebbia o neve nascondono le marcature, orientarsi diventa impegnativo.

Oltre ai turisti, in Valmalenco si incontra anche gente del luogo – e molti animali. I camosci scorrazzano un po’ sopra l’Alpe Gembré. E gli incontri si estendono a stambecchi, gipeti barbuti, volpi e marmotte. Con la caratteristica serpentinite, la valle ha qualcosa da offrire anche agli appassionati di geologia.

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