La vetta al chiaro di luna Escursioni in alta quota sotto la luna
L’ascesa ha inizio nel cuore dalla notte, scortati soltanto dalla luce della luna e di qualche stella. E poi dalla vetta si assiste al sorgere del sole. Nella soffice luce lunare, agli escursionisti si presentano visioni inaspettate.
«Décrocher la lune et les étoiles…» La canzone dei The Mess mi frulla per la testa dal momento in cui abbiamo lasciato la capanna. Dove si nasconde adesso la luna piena che illumina l’altro lato della valle? Per ora la nostra madrina si fa attendere e dobbiamo accontentarci di un gruppuscolo di pallide stelle. Il nostro campo visivo è limitato al fascio di luce proiettato dalle nostre lampade frontali e il percorso, difficile da intuire, piomba di nuovo all’istante nell’oscurità.
Il pietrisco si ammonticchia davanti ai miei piedi e la piccozza urta continuamente contro ostacoli sconosciuti. Indovino i pensieri dei miei compagni di cordata: «Ma perché diamine siamo partiti così presto?» Tuttavia nessuno si lamenta, non si sentono rumori, solo l’ansimare di alpinisti ancora un po’ assonnati che di tanto in tanto picchiettano con la piccozza contro le pietre. E all’improvviso scorgo nel firmamento una stella cadente. Affido il mio desiderio all’universo.
Il mistero della notte
A poco a poco una pallida corona di luce illumina la morena del ghiacciaio. La luna si affaccia timidamente, per poi farsi sempre più grande, tonda e luminosa. Si distinguono i mari e i cerchi di polvere biancastra. Ma restiamo con i piedi ben piantati a terra: il percorso presenta sufficienti trappole e ostacoli da strapparci dai nostri sogni. Davanti ai nostri piedi si allargano man mano due grosse ombre, che tra l’altro rendono difficile percepire la struttura irregolare della morena. Ma la luce lunare ci aiuta e rende tutto un po’ più facile. Ora non servono più le luci frontali per penetrare l’oscurità. L’universo bicolore di questa peculiare montagna si limita al nero e all’azzurro. Il suo profilo è così frastagliato e misterioso da rendere difficile valutare le sue dimensioni reali. Al tempo stesso così vicina e così lontana. Estasiati da tanta bellezza, due passeri attraversano silenziosi la notte nel cono di luce della luna. «Seguite sempre la luna. Anche se la mancate, arriverete per lo meno tra le stelle», dice Les Brown. Preferisco tuttavia affidarmi alla cartina per raggiungere la vetta. Stando alle condizioni di luce, potrebbe essere pieno giorno. Solo che sembra un giorno un po’ sbiadito.
Il tempo scivola via tra le fessure del ghiacciaio mentre procediamo lentamente, ma con passo costante. Oltre la crepacciata terminale le formazioni rocciose hanno un aspetto più indefinito e indistinto, per cui o si sta con gli occhi incollati alla cartina oppure si mette in moto la propria memoria, se si è già compiuta la via in precedenza. I ramponi slittano ancora un paio di volte, sprizzando scintille. Se si guarda il ripido pendio nevoso di sotto, è difficile tracciare un’ipotetica linea di cresta. Solo facendo una pausa, si può forse scorgere qualcosa. Ma uno sguardo all’orologio ci dice che la notte sarà presto finita.
Lo sbocciare del giorno
La magia della notte lascia gradualmente il posto allo sbocciare del giorno. Alla luce dell’alba un castello di corone si disegna sulla cinta dell’imponente quattromila. Da principio la luce avanza un po’ timidamente, ma ben presto soffonde la sua siluette di morbidi toni arancio. Ci affrettiamo ad arrivare in cima per non perderci nulla. Il cielo si sta già ammantando di colori caldi, e quando giungiamo in vetta, la visione ci ripaga di tutto il sonno perduto. La caratteristica linea di transizione tra il blu della notte e il magenta del giorno scompare gradualmente oltre l’orizzonte. La luna soddisfatta si adatta allo scenario, per poi accomiatarsi anche lei. Non ha forse svolto egregiamente il suo ruolo svelandoci inoltre una parte del mistero della notte? La stria luminosa raggiunge le vette più alte e le avvolge in un profluvio di colori, dal rosa all’arancione fino al giallo intenso. Siamo fortunati. Da est giungono anche alcuni cirri con il loro cangiante gioco cromatico. Dapprima sono azzurro-rossi, finché non incontrano i primi raggi. E poi eccola: la palla di fuoco, che riscalda subito le ossa. E anche il cuore non ha bisogno d’altro che di questo calore. Lo spettacolo basta e avanza. Facciamo una piccola pausa, soli in mezzo alle vette, ma con la sensazione della pienezza del giorno appena iniziato. Più tardi durante la prudente discesa, mi vengono in mente le parole di François Mauriac: «Che cosa porta l’uomo sulla luna se è in procinto di perdere la terra?»