Il peso invisibile dell’esperienza Nelle gite private in montagna, la responsabilità pesa sul più esperto
Chi come alpinista esperto va in montagna con persone inesperte, in caso di incidente rischia di dover renderne conto giuridicamente in quanto «guida effettiva». Questa responsabilità non può essere declinata, ma conoscerla può contribuire alla sicurezza di tutti.
Dopo un incidente in valanga, la corte d’appello del Land di Linz (A) ha dichiarato un allora 65enne sciescursionista colpevole di «omicidio colposo». Nel 2012, l’uomo fu condannato a tre mesi, sospesi condizionalmente. Aveva causato lui stesso la valanga e aveva dovuto assistere alla morte della moglie 59enne, pure esperta della montagna e da anni compagna di escursioni, travolta dalla neve. La sentenza fu criticata dalle associazioni alpine e dal soccorso in montagna.
Il caso mostra in modo esemplare come anche in un gruppo escursionistico senza guida ufficiale (guida di montagna o capogita) qualcuno abbia l’onere della responsabilità. Pure senza nomina, tale persona può essere la «guida effettiva e responsabile». Questo vale anche in Svizzera. E secondo la statistica degli infortuni, la maggior parte di essi si verifica nel corso di gite private, senza guide ufficiali.
Nel terreno aperto, gli sportivi della montagna si muovono fondamentalmente a proprio rischio. Tuttavia – così l’Ufficio per la prevenzione degli infortuni (upi) – se con il loro comportamento mettono concretamente in pericolo altre persone dovranno affrontare delle conseguenze giuridiche. Ciò che nella «giungla delle clausole» sembra a prima vista chiaramente regolamentato, nel terreno e durante una gita può risultare complesso e indurre confusione.
A decidere sono le circostanze concrete
Spesso, all’interno dei gruppi privati i ruoli non vengono stabiliti in precedenza. Questo rende le cose difficili qualora si rendessero necessari una direzione chiara e un ordinamento responsabile dell’intero gruppo. In quest’ambito potrebbe anche figurare la decisione di interrompere la gita.
Soprattutto, però, può sorprendere chiunque ritrovarsi nel responsabilissimo ruolo di «guida effettiva». Ma come conferma la procuratrice vallesana Fabienne Jelk: «Anche in Svizzera è già accaduto che, dopo un incidente, delle persone senza alcuna formazione come guide di montagna o capigita si vedessero addossare delle responsabilità penali.» Chi debba rispondere penalmente o civilmente di un incidente in montagna è tuttavia una domanda priva di una risposta univoca: a risultare decisive sono sempre le circostanze concrete.
Penalmente rilevanti sono gli articoli 117 (omicidio colposo) e 125, cpv. 2 (lesioni colpose) del Codice penale. Presupposto per una sentenza di reato colposo è sempre la contravvenzione a un obbligo di diligenza. Sono inoltre sempre possibili anche delle conseguenze di carattere civile, come l’indennizzo di danni, le richieste di riparazione o l’assunzione dei costi di soccorso e ricupero.
Determinante è l’esperienza, non l’età
«Se un gruppo composto di persone ugualmente esperte compie una gita e le decisioni vengono prese in comune, di regola nessuno è considerato guida effettiva», spiega la giurista Fabienne Jelk. Se invece un membro del gruppo dispone di un’esperienza della montagna maggiore rispetto a tutti gli altri, può accadere che, consapevolmente o no, questa persona assuma il ruolo di «guida effettiva» e gli competa perciò anche giuridicamente la responsabilità principale. È in particolare così quando gli altri membri del gruppo seguono le sue indicazioni e confidano che egli sappia adottare i provvedimenti necessari con la diligenza necessaria. In tal senso, l’età non riveste alcun ruolo. «Non appena si assume fattivamente la direzione di un gruppo occorrerebbe adottare tutti i chiarimenti e le misure che ci si aspetta anche da una guida o da un capogita», commenta la procuratrice. «Tra queste figurano la pianificazione precisa dell’escursione, la consultazione del bollettino delle valanghe, il controllo dell’attrezzatura, i chiarimenti diretti sul terreno, la trasmissione di istruzioni chiare, e così via.»
Nel suo libro Haftungsfragen am Berg (aspetti della responsabilità in montagna), la giurista e autrice Rahel Müller condivide questa valutazione: in relazione alle persone esperte della montagna che viaggiano con altre meno esperte, è giuridicamente determinante la misura della fiducia che queste ultime ripongono nella prima in quanto «guida effettiva», scrive. È perciò sensato che le «guide effettive» dichiarino le proprie capacità e i propri limiti. Bruno Hasler, guida alpina e responsabile tecnico della formazione in seno al CAS, sottolinea tuttavia come, perché si possa giuridicamente assumere una leadership effettiva, è necessaria una differenza di livello alpinistico considerevole.
La leadership effettiva come opportunità
Solitamente, quindi, la leadership effettiva non viene stabilita dai membri del gruppo. Spesso, il fatto che qualcuno abbia molta più esperienza e che, consciamente o inconsciamente, gli altri lo ascoltino e gli diano fiducia si verifica solo nel corso dell’escursione o successivamente a essa. Nell’analisi giuridica dopo un incidente, qualcuno può essere ritenuto guida effettiva indipendentemente dal fatto che sia stato definito come tale consapevolmente o no.
Secondo Hasler, le circostanze che danno luogo alla leadership effettiva dimostrerebbero come, nella veste di elemento più esperto di un gruppo privato, questa responsabilità non possa essere evitata o prevenuta. In qualità di membro del comitato del Gruppo di esperti per gli infortuni in montagna, fa anche notare che nessuno deve bloccarsi di fronte al timore della leadership effettiva e delle sue possibili conseguenze.
Quando già durante la gita ci si rende conto di essere la persona di gran lunga più esperta del gruppo, o addirittura di essere già stati eletti alla guida del gruppo, bisogna assumere consapevolmente questo ruolo. Per Bruno Hasler, nelle situazioni eccezionali una chiara suddivisione dei ruoli potrebbe migliorare notevolmente gli aspetti decisionali e quindi la sicurezza di tutti. Ma che fare se un membro del gruppo si oppone alla guida effettiva, ad esempio perché non vuole rinunciare a un’escursione con gli sci? «Una situazione difficile, ma fortunatamente rara», commenta. In simili situazioni, è importante che la guida effettiva critichi in modo udibile di fronte a tutti la persona e metta quindi coerentemente in atto la propria raccomandazione, cioè faccia dietro front. La persona in questione può allora continuare da sola sotto la propria responsabilità esclusiva, cosa che gli altri membri del gruppo potranno successivamente anche confermare.