Il bastone e la carota Escursioni con gli sci nella penisola di Troll
Spesso, l’Islanda dileggia gli sciescursionisti con un tempo instabile. Tuttavia, chi lo sa accettare troverà nella penisola di Troll un’area perfetta per la disciplina tanto vasta quanto sconosciuta – vista su fiordi azzurri, bagni caldi e un simpatico caffè inclusi.
La cima del Selhnjúkur è alta appena 800 metri. Ciò nonostante, ci sentiamo in alta montagna. Non appena sporgiamo le teste oltre il bordo del ripiano sommitale dopo l’ultima conversione, eccoci investiti dal vento. Un vento impetuoso, tanto da farci ben presto rannicchiare accanto all’omino di pietra con gli zaini stretti tra le ginocchia a riporre le pelli in un selvaggio groviglio. Nel frattempo, le raffiche imperversano, quasi volessero scacciarci dalla cima.
Il tempo islandese si impara a temerlo. Con tempeste che ti fanno sentire un niente e nebbie che ti lasciano a vagare cieco sul pendio. Che qui la natura abbia l’ultima parola è una cosa che abbiamo capito in fretta. Ciò nonostante, neppure una volta mettiamo in dubbio la decisione di trascorrere dieci giorni sulla Tröllaskagi, la penisola di Troll. Con armi, bagagli e sci per le nostre escursioni a partire dal villaggio di Dalvík.
Sì, perché per l’escursionista con gli sci l’Islanda è al tempo stesso il bastone e la carota: un ambiente montano che ti attrae e ti deride, ti respinge – e ancora ti premia. Sì, quando la tempesta si placa e i raggi del sole fanno capolino da dietro le nuvole come l’apparizione celeste in un quadro. Quando il cielo appare di un azzurro intenso, come se qualcuno avesse strappato un velo, e sotto, di un bianco lucente, appaiono le cime della Tröllaskagi: montagne da percorrere a perdita d’occhio.
È così anche sul Selhnjúkur: ecco che il vento cala. Sul ripiano sommitale siamo ora immersi nella quiete e ci guardiamo attorno. Su imponenti valli a U, sulle montagne vicine che, con le loro cime piatte, ricordano piccole Alphubel, e sulle case di Dalvík, disposte in schiere variopinte al margine delle acque azzurro cupo dell’Eyjafjord.
Tempo imprevedibile
Ogni mattina ci svegliamo in una di quelle case, alziamo le tapparelle e guardiamo fuori. E ogni mattina, il tempo è illeggibile. Neppure Bjarni Gunnarsson, che è cresciuto sulla sponda opposta del fiordo e da anni affitta cottage e camere a Dalvík, ne sa più di noi. «Il tempo islandese?», chiede ridendo. «Su quello non do nessuna garanzia.» Questo islandese dai lucenti occhi azzurri e dai capelli arruffati garantisce per contro una splendida atmosfera nella Kaffihús della piazza di Dalvík. È una miscela di casa della nonna e pub inglese, dove Bjarni Gunnarsson serve birra in grandi bicchieri e caffè in antiche tazze di porcellana, mentre sua moglie Heiða esce dalla cucina con piatti di brownie profumati e cupcake viola, che depone sul bancone sotto una campana di cristallo.
La coppia è un po’ stupita da questi visitatori provenienti da Svizzera, Austria e Italia, che improvvisamente vogliono affittare cottage e camere d’inverno e nel pomeriggio arrivano al caffè vestiti da sciatori. Sino ad ora, in questo villaggio di pescatori i turisti arrivavano solo d’estate, per prenotare un’uscita di whale watching presso il botteghino sul orto o salire a bordo del traghetto per l’isola di Grímsey.
«Esplosione» di uno strano sport
Fino a cinque anni fa, quando fecero la loro comparsa gli sciescursionisti. Erano un gruppo italiano, ricorda Bjarni Gunnarsson. E da allora – scuote la sua testa arruffata e ridacchia – ne sono arrivati sempre più. «Adesso viene gente anche dall’Austria, dalla Germania e dalla Svizzera.» Parlando con Bjarni Gunnarsson, una cosa appare chiara; quanto gli islandesi frequentino volentieri le loro regioni sciistiche e quanto gli abitanti di Dalvík siano orgogliosi del loro proprio scilift – fino a oggi, lo sciescursionismo era qualcosa di sconosciuto.
Tuttavia, anche se Bjarni Gunnarsson parla di un’«esplosione», altri sciescursionisti li incontriamo solo nella sua Kaffihús. Per contro, nelle valli e nelle montagne della Tröllaskagi ci sentiamo soli come nell’Artico. Ora sotto il sole splendente, ora arrancando nella neve, ora sotto un cielo azzurro disseminato di nuvole d’ovatta, lasciamo le nostre tracce lungo vallate solitarie, raggiungendo le cime attraverso creste, conche e canaloni. Per poi scendere danzando a valle lungo questi pendii per i quali siamo venuti fino in Islanda: versanti ampi e bianchi, tanto aperti e liberi da farci credere di volare attraverso uno spazio infinito, sopra solo il cielo, sotto solo il mare.
Bollettino delle valanghe rudimentale
Spesso i nomi delle nostre mete non li conosciamo neppure. Oppure li dimentichiamo, tanto sono complicati: Litlihnjúkur, Sauđaneshnjúkar, Hádegisfjall – chi lo sa? Ma non importa. Nelle escursioni con gli sci a Tröllaskagi, la meta non è la vetta: piuttosto, ci sentiamo scopritori di un paesaggio sconosciuto. Sì, perché qui, di carte sciescursionistiche non ce ne sono, come non ci sono guide e il bollettino delle valanghe si limita talvolta ad affermare che la stabilità del manto nevoso è «sconosciuta».
Così, la sera, sediamo al tavolino del nostro cottage, chini sulle carte escursionistiche. Facciamo scivolare le dita attraverso vallate e versanti di montagna, cerchiamo passaggi e contiamo curve di livello. Poi, il mattino successivo alziamo di nuovo la tapparella e dalla finestra torniamo a guardare il cielo d’Islanda. Se è azzurro, facciamo colazione in fretta e furia, indossiamo i capi da escursione e ci mettiamo in marcia – nella vicina valle, chiamata Karlsádalur, oppure nella Mánárdalur, all’altro capo della penisola di Troll.
Se invece il vento del nord fa mulinare la neve fuori dalla finestra, ce la prendiamo più comoda. Ci beviamo un altro caffè e poi facciamo ciò che su quest’isola vulcanica è possibile fare ovunque: indossiamo il costume da bagno, saliamo nella hot pot del giardino, ci sediamo nell’acqua calda e aspettiamo un tempo migliore. Spesso neppure troppo a lungo. Infatti, la battuta che gli islandesi regalano più volentieri ai loro ospiti non viene dal nulla: «Non ti piace il tempo islandese? Allora aspetta cinque minuti.»