© David Schweizer
Gli apritori indicano la via
Questa estate, a Berna, i migliori nomi dell’arrampicata sportiva si attenderanno di essere sorpresi, di essere spinti a dare il meglio di loro stessi. Un compito, questo, che spetta agli apritori. Ma in cosa consiste il loro lavoro? Ne abbiamo parlato con il bernese Manuel Hassler.
Manuel Hassler, di vie ne ha la testa piena. Il suo compito è proprio quello di dar loro vita sulle pareti di arrampicata, come uno scrittore che copre di parole una pagina bianca. Solo apritore svizzero attivo a livello internazionale, dal 2001 gira il mondo da una competizione all’altra con in testa un’idea: fare evolvere la disciplina spingendo i migliori arrampicatori del mondo a reinventarsi, sempre e ancora. Così sarà anche questa estate a Berna, dove tre apritori internazionali e i loro complici nazionali lanceranno una volta ancora la loro sfida agli atleti.
Materiale determinante
A Berna, per esprimersi, gli apritori disporranno di circa 5000 prese e volumi di cinque fabbricanti diversi. Con questo materiale, svolgeranno la delicata missione di dar rilievo a pareti vuote, tracciandovi 12 vie e 52 problemi di bouldering per le competizioni classiche. Quelle riservate ai disabili saranno affidate a una squadra di apritori specializzati. «Il materiale determina la qualità dell’apertura, poiché non si crea un qualsiasi movimento con un tipo qualsiasi di presa», spiega Manuel Hassler. Quando una quindicina di anni fa ha cominciato ad aprire vie, il mercato era molto più piccolo, la scelta di prese era limitata e nessuno se ne poteva permettere di grandi dimensioni, in quanto eccessivamente onerose. Le più grandi avevano un diametro massimo di 20 centimetri, contro i due metri di quelle d’oggi. Con la folgorante evoluzione di questi ultimi anni, il repertorio degli apritori si è considerevolmente ampliato. Le grandi prese, soprannominate «macro» conferiscono alla parete una terza dimensione e, con questa, un accrescimento delle possibilità in termini di gestualità. Queste prese consentono di «uscire» dalla parete, conferendo un tono più aereo alla via.
Fare evolvere l’arrampicata
Per Manuel Hassler, specialista dei blocchi, tutta l’arte dell’apertura consiste nel far evolvere l’arrampicata spingendo gli atleti a creare nuovi movimenti. «Bisogna avere il coraggio di rischiare. Se ogni blocco registra un unico top, è perfetto. Se nessuno ottiene il top significa che gli apritori hanno rischiato troppo. Al contrario, se tutti quanti arrivano in cima sarà impossibile decidere tra gli atleti. Vorremmo che funzionasse sempre, ma spesso rimaniamo sorpresi.» A Manuel Hassler piace questo aspetto aleatorio dell’apertura: «È al termine delle qualificazioni che sappiamo se il livello proposto corrisponde al livello medio del momento. Se necessario, procediamo a qualche aggiustamento prima delle semifinali. E quando sorgono dei dubbi, ne discutiamo in seno alla squadra.»
Nel bouldering, gli apritori si sforzano di proporre stili diversi per evitare di favorire questo o quell’atleta. Si destreggiano con tre stili di apertura. C’è in primo luogo il blocco «placca», piuttosto tecnico e poco dinamico. Dal canto suo, quello «dinamico» comporta movimenti appunto dinamici, come gli allunghi. Infine, il blocco «power» propone progressioni basate sulla forza, inclusa quella delle dita. Ovviamente, i tre stili possono essere combinati. «È il bello di queste pareti artificiali: ci si possono creare cose gestualmente ben più folli di quelle della roccia. Mi ispiro spesso alla realtà dell’esterno, ma all’interno posso combinare tre o quattro problemi in un unico blocco.»
Trovare il giusto equilibrio
Dopo la grande evoluzione di questi ultimi decenni, secondo Manuel Hassler, l’attività degli apritori sarebbe giunta a un punto morto, tanto è difficile innovare. «Gli atleti sono talmente polivalenti che diventa difficile sorprenderli. Per loro, nulla sembra essere impossibile, e la pressione sugli apritori aumenta», constata il bernese. Dopo la rivoluzione del materiale si attende un nuovo slancio che, secondo lui, potrà arrivare solo con una nuova generazione di apritori. «A 42 anni sono ormai da considerare tra i vecchietti, e abbiamo bisogno di nuove idee.» Si tratterà anche di tener conto delle critiche mosse in queste ultime stagioni da atleti e allenatori di alto livello. Stando a taluni, le vie proposte nelle competizioni sono diventate numeri circensi, fonte di numerosi infortuni. Per Manuel Hassler, è una questione di giusto equilibrio. «Qualche anno fa, quando quei movimenti spettacolari sono comparsi, abbiamo abusato dello stile ‹run and jump›. Oggi i lanci fanno ancora parte del gioco, ma è questione di quantità. Bisogna saper variare.» La soluzione passerà dal dialogo tra apritori e arrampicatori. Manuel Hassler sa che non può ignorare la pressione che grava sugli atleti durante le competizioni. «Non ci si può semplicemente lanciare su una presa rischiando di farsi male. Ma il contesto della competizione può spingere gli atleti a comportarsi da kamikaze.» Al pari dello scrittore che non si può permettere di perdere il suo lettore, gli apritori non si possono permettere che gli atleti non riescano a decifrare le loro idee. A Berna, per trovare l’ispirazione hanno tempo fino all’estate.