Il tunnel
Giuseppe Macchiavello, Rapallo
( Racconto ) È stato finalmente completato il traforo stradale tra la Val Vento e la Val Glaciers, dal villaggio di Brenva a quello di Aiguilles. Egli ne è esultante, è la parola; ma non tanto per il fatto ch' esso facilita in modo notevolissimo il collegamento con un' importante nazione confinante e altre vicine, quanto perché d' ora in poi potrà recarsi molto più sovente da Brenva, dove ha la sua base abituale di vacanze ( tutte montane, l' alpinismo è il suo principale campo di evasione ), ad Aiguilles appunto, oltre confine, che ha sempre considerato l' unico abitato di montagna altrettanto fascinoso, situato inoltre nella sola cornice - e sì che sono molti i luoghi alpestri che conosce - che secondo lui uguagli in bellezza la Valvento stessa.
Finalmente dunque è stata aperta la galleria, inaudito capo d' opera, un miracolo dell' ingegno umano. È cosa fatta, dopo che se ne parlava - e pareva si favoleggiasse, o ci si volesse illudere — da un tempo ormai lontano, e dopo anni, questi ultimi, di lavoro con mezzi enormi, e senza tregua. Ce n' è voluto, per trapassare il corpo tenebroso — e che certo agli uomini wi impegnati veniva da cre-der smisurato - del monte con questo tunnel di ben diciotto chilometri. E frattanto, con la stessa :\ 7 impazienza che provavano i due Stati limitrofi, di comunicare in modo stretto per la nuova via dopo essere stati sempre tenuti marcatamente discosti dalla barriera frapposta di altissime montagne, egli, pur compenetrandosi in quelle aspirazioni di dimensione immensamente maggiore della sua, aspettava in sostanza di poter soddisfare il proprio personale desiderio.
Frequentare molto Aiguilles era da sempre fra i maggiori suoi sogni di appassionato delle montagne. Tra Brenva e Aiguilles, le due più note stazioni di villeggiatura, sci e soprattutto alpinismo delle rispettive contrade, ci sono in linea d' aria circa venti chilometri. ( In questo punto la colossale catena del Monte Più, che le separa, ha altitudini tra le sue massime, ma entrambi i fianchi particolarmente ripidi, e pertanto contrafforti non più sporgenti che altrove: si è potuto quindi bu-care qui, in direttissima tra i due comuni, oltretutto accorciando e semplificando i raccordi ). Venti chilometri appena, in linea d' aria: eppure prima d' ora per portarsi in auto da una località all' altra ci voleva un viaggio lungo, un accidentato viaggio di chilometri quasi trecento, per l' iti più breve. Si doveva da Brenva ridiscendere alla piana, alzarsi poi, seguendo una strada impegnativa, sino ad attraversare le montagne in tutt' altro posto, in un diverso settore, per un colle disagevole e impervio ( anche se, in compenso, spettacolare ), il più vicino dei pochi e assai intervallati passi rotabili - tutti a quote molto elevate -situati lungo la continuità di estese giogaie che forma naturale frontiera tra alcuni paesi; e anche al di là di tale varco era un calare interminabile e tortuoso a terre basse, e poi un paziente contornare altre zone di rilievi, per poter in ultimo giungere, superando due ulteriori valichi sia pur più modesti, nella Valglaciers.
Altrettanto per il ritorno. Chiaro che non si poteva andar che di rado.
Venti chilometri solamente, però in mezzo sta la grande adunanza di picchi e ghiacciai. Inaccessibile. Ma non per un alpinista. E lui alpinista lo è. Specie in questo massiccio, il suo preferito, compie regolarmente ascensioni. Tuttavia si tratta di cime di tale enormità, di salite di tale calibro e impegno, che non si poteva davvero — ma questo è un altro degli aspetti che stan per cambiare, grazie alla creatasi comodità di rientro - quando ci si trovava lassù scapricciarsi a scendere, per regalarsi un ulteriore piacere, dalla parte dell' opposta Valglaciers, fin giù ad Aiguilles magari. Accadeva di rado, perché per chi partiva da Brenva erano ovviamente tra le più lunghe, persino ch' egli sce-gliesse scalate aventi per punto d' appoggio un rifugio posto sull' altro versante anziché su quello di Valvento. O anche soltanto, per lo stesso motivo, che si dirigesse a punte che danno maggiormente sulla Valglaciers. Quando ciò avveniva, era con trasporto, con una specie di ebbrezza, che rimirava il più a lungo possibile tutto quanto dall' alto riusciva a scorgere nell' incavatura della conca idoleggiata.
Andava a finire che solo una due volte ogni estate ( veri e propri pellegrinaggi ), o compiendo il percorso alpinistico meno difficile e più sbrigativo o partendo in auto per eseguire il laborioso aggiramento, egli raggiungeva Aiguilles per trascorrervi una giornata. Che poi equivaleva a dire una due volte all' anno: perché nella stagione invernale, meglio, per sette se non otto mesi filati, scavalcare così aspre altezze è per gli alpinisti molto più arduo e spesso impossibile, per il maltempo, per gli accumuli di neve, per il freddo, per le blinde di ghiaccio con cui il gelo difende tanta parte di rocce, per le giornate troppo corte, per la minaccia grave delle slavine; e, contemporaneamente, le esigue strade che altrove sormontano l' ostacolo del possente sistema montagnoso restano rigorosamente chiuse, travolte dalle ripetute nevicate e dalle dilaganti valanghe, sprofondate in coltri candide di spessori sbalorditivi, e i valichi si ritraggono lassù solitari, smaterializzati, arcanamente perduti nei loro favolosi abbacinanti isolamenti.
Di conseguenza, con visite a dir poco rare, e con la frequenza invece del trovarsi tanto vicino l' oggetto del desiderio ( anche in inverno egli essendo assiduo di Brenva, per qualche ascensione e per sciare ), la sua passione per Aiguilles via via ancora aumentava. In ogni stagione insomma, quando capitava in Valvento, amava starsene a guardare e riguardare lo schieramento grandioso, largo ma non meno vasto in profondità, fitto e munito e formidabile pure all' interno, delle davvero prodigiose montagne disposte traversalmente alla testata del solco, e pensare al « paese magico » esistente dietro. Trasognato fissava le magnetiche pareti di rupi, i pensili scivoli di nevi, gli invasi dei ghiacciai e i loro sfoghi che sul lato della Valvento sono più corti e inclinati che in Valglaciers, costretti in sdruccioli, rotti in cateratte selvagge; e cercava di penetrare lo straordinario paesaggio ascensionale, in vista ma estraneo, praticabile ( seppur arduamente ) ma suggellato dentro sé stesso, culminante in sovrane eminenze e segre-gante da un' altra valle, una valle vera lì accanto e irreale in capo al mondo. Ma ciò che per lui più importava, più significava in quelle occasioni contemplative, erano le creste, le creste che lunghe e aeree e romantiche tracciavano lassù un limite struggente, dal quale si sporgevano miraggi ed emanava un' ala grande di poesia. Scrutava soprattutto il loro fantastico profilo, stupefacente disegno, serie di criniere terribili, sovrastarsi su diversi piani arretranti di fulve impennate, rampe, frastagli, denti, merlature, e di rilucenti falci, ag-getti glauchi, morbide ma insidiose immacolate crespe; e osservava in particolare la linea ultima, suprema, fastigio che tanti tratti discosti raccor-dando sbarra emblematicamente il cielo. Era principalmente essa a dare l' idea della situazione ( e meglio se qualche nuvola chiara passando è rimasta impigliata in quel ritaglio, vapora tra l' az e i precipizi lenti fantasmi, distratte fo-schie ): essa a porre in tutta evidenza una delle precipue alchimie delle altitudini, quella che trasforma già soltanto per suggestione le prossimità in indeterminate lontananze, ma tanto sovente anche divide luoghi vicini con concentrazioni au-tentiche di ostacoli tremendi e li rende tra loro ir-remissibilmente remoti; essa a rendere più consapevoli dello spazio e del tempo innaturali, da in- cantesimo, che governano i giganteschi monti e mutano gradualmente ciò che sta al di là di essi sinché la conosciuta sua concretezza si sfuma in una figurazione imprecisa, a volte si sfoca poco meno che in una irraggiungibilità da mito. E questo gli provocava un accoramento forte, come quando punge dentro una troppo cruda nostalgia; eppure ne conseguivano momenti magnifici, intimi tesori.
Ed ecco che hanno terminato, hanno forato le grandi leggendarie montagne, oh un buchetto ir-rilevante in confronto alle lor masse immense, anche con tutti gli annessi non le modifica che di un nonnulla nell' aspetto e nello stesso tempo è quanto basta. Ai palpiti della nostalgia si possono alternare a piacimento quelli della gioia di passare oltre il sipario, dello stare replicatamente nel luogo eletto.
Così è a cuore contentissimo che egli si muove tra i primi, proprio nei giorni immediatamente seguenti l' inaugurazione ( la quale come si confa-ceva è avvenuta con memorabile risonanza, presenza di Capi di Stato e d' un mucchio d' altre autorità, manifestazioni, cerimoniali, festeggiamenti ), tra i primi senza perdere tempo ha preso l' autovettura ed è andato. Ciò ha fatto questo pomeriggio. Sbrigative formalità di frontiera, l' in nel budello un tantino impressionante, avanti con tutta l' attenzione concentrata sulle ri-finiture innumerevoli, le attrezzature interessan-tissime, i dispositivi di soccorso e sicurezza, gli ac-corgimenti tecnici l' illuminazione l' aerazione la televisione gli automatismi elettronici, velocità minima sessanta massima ottanta, in un quarto d' ora si è arrivati, si è oltre frontière, si è ad Aiguilles!
Il pomeriggio, ha scelto, perché, l' asse della schiera di monti essendo orientato da sudovest a nordest, la Valglaciers, distesa lungo il lato occidentale, compensa con un maggior splendore pomeridiano, una ben più protratta illuminazione serale e sfarzo di colorazioni nell' ora del tramonto, quanto dei doni del sole essa perde di mattina rispetto alla Valvento.
Lo svincolo del traforo compie un largo giro in foresta ( una selva che una volta era solennemente tranquilla anche se domestica, prossima com' è al fondovalle; ora silente non lo è più, austeri i fusti altissimi e le fosche chiome disapprovano i tornanti e le automobili: ma questo sembra essere l' unico torto fatto alla natura ). Si scende da uno all' altro di ampi curvoni, poi la rotabile si biforca. Mentre sotto forma di superstrada prosegue tagliando fuori Aiguilles e trattenendo con sé il grosso traffico di scorrimento, dirama un più modesto tratto che conduce al paese.
Poco dopo, sistemata l' auto, egli è nella piazza centrale, dove confluiscono le vie principali della cittadina. Aiguilles è un centro singolare, superla-tivamente vivace e ridente dirimpetto a severis-simi picchi, affollato e chiassoso ma in modo non urtante, differente da tutti gli altri abitati di montagna. Soltanto secondo lui, a causa di un suo stra-vedere? Se lo chiede sempre. Chissà.
Proprio dal borgo si vede una quantità di vette. La grande catena del Monte Più si mostra cioè quasi per intero ( mentre da Brenva certe quinte secondarie non consentono altrettanta visuale ). Se ne ammira il rovescio, che ha architetture tutte stupende, in parte maestosamente compatte e glaciali, e in parte, giusto di fronte ad Aiguilles, rocciose, di gran statura e con una varietà e un' ardi di forme forse senza paragone: guglie, torri, lame, obelischi, spinti su da ritte corazze basali di muri e di placche, tra un governo di spigoli e speroni rampanti. La cresta sommitale è quivi una stagliatura unica, ininterrotta di cuspidi susse-guentisi, una fila di pale di corni di zanne in posi-tura feroce ma che ha un suo tipo di armonia con la quale incombe e signoreggia senza opprimere; anche perché ai suoi lati sta l' accompagnamento, l' alleggerimento dei varchi che conducono con evidenza ai defilati ma intuibili bacini trasversali ove, giù da bianchi duomi che svettano, ghiacciai sontuosi divallano riapparendo in basso con lingue azzurrognole tra simmetriche trincee moreni-che e abetaie, come immensi draghi quieti, paghi di mettere in risalto che sono essi gli autentici padroni della valle.
Egli ha preso a camminare e, nel mentre, bada a tutto quel che lo circonda, e ogni poco si volge verso l' alto. È attento e lieto.
Ma a poco a poco sente che c' è qualcosa, non sa cosa ancora, che non va. È sconcertato.
Inconcepibilmente, si sta accorgendo, si trova come spaesato. Figuriamoci, si dice. Con tutte le volte che, dall' ultima occasione in cui c' è venuto -un anno fa, l' estate scorsa - ha, come sempre gli succede, « rivisto » a distanza Aiguilles, sapendolo richiamare alla memoria con prontezza malgrado lo schermo di montane evanescenze. Spaesato! Quasi che non ricordi lo scenario con amore, l' ambiente nei dettagli; e che col passare del tempo e col ripetersi, pur distanziato, delle visite, non sia diventato sempre più padrone del quadro e della sua atmosfera, anche se le immagini della Valglaciers, quando le evoca da lungi, fluttuano nell' offuscamento irradiato dallo strapotente diaframma. E allora?
L' atmosfera, ecco...
Certo, le montagne non sono fisicamente mutate, né materialmente è stato in modo avvertibile alterato il sito, l' insediamento umano. Eppure, certe sfumature fan sì ch' egli non ravvisi esattamente ciò che ben conosceva, non ritrovi integro il portento che aveva lasciato.
Ad esempio: manca, chissà perché, alla luminosità del pomeriggio pur limpidissimo, esemplare, quell' arcano brillio in più, che le dava irri-produci bile perfezione da festa.
Manca anche, nell' aria tuttavia tanto fina, quell' aliare - appena d' una levità fuor del naturale, esclusiva di questo particolare angolo, balsamo filtro elisir che sommandosi alla pura freschezza costantemente elargita dagli erbosi o selvosi valloni, spalloni, dorsi, combe qui misuratamente allineati a ornare di pace le vicinanze della grande catena, portava in dono la sensazione d' uno squisito stato di grazia. Mancano inoltre nel vento brioso e garbato, frequentatore, in quest' ora vivida, di questa verde oblunga spianata adibita a gran parata dell' alpe, quelle folate diverse, più nervose, contenenti un certo che di ra- refatto, o di elevato, o di incantato, o semplicemente di libero in un inarrivabile modo? o più cose insieme? sottile e penetrante aggredire con una filante fissazione di segni, allusioni, indizi, vaghe ambasciate, il tutto volto a significati traspa-rentemente d' eccezione, preziosissimi, formulato in modo enigmatico però: donde nasceva in lui un' emozione splendida, un' ineffabile ansia di de-cifrare, irrequietezza, inseguimento, sforzo di arrivare a capire, pur essendo intimamente convinto di non potere - che nessun potesse - riuscirci mai. ( A Brenva il sincrono vento è più corposo e rude, a tratti teso a tratti ondoso, selvatico, messaggi forse altrettanti forse di più ne ha, ma una traccia così rozza e labile ne lascia che è in breve che egli, quando a volte tuttavia tende tutto il suo essere nell' appassionante tentativo, si arrende a riconoscerli intraducibili. ) E sembrano inspiegabilmente non dare più, l' a andirivieni di composita gente straniera, le vie centrali guarnite di vetrine eterogenee e pit-toresche, non dare più ad Aiguilles la stessa impronta accentuata di esotico anzitutto, che non fi-niva mai di blandire e piacere, e poi, in una spe-cialissima guisa però, di allegro e spensierato, anche di un po' frivolo, anche di stravagante, che per quanto strano potesse sembrare non strideva, non urtava il duro atteggiamento delle altitudini, anzi controbilanciava a perfezione, sollevando convenientemente l' animo, la scena là davanti d' uno dei più difficili, cruenti, drammatici teatri dell' al.
È davvero disorientato. Continua però tenacemente il suo giro, si reca a rivedere i dintorni, alcu-niangoli ai quali è particolarmente affezionato. ( Intanto con lentezza ruota il tempo pomeridiano. ) È andato così a visitare, una dopo l' altra, alcune minuscole frazioni, leggiadre perle della vallata, innicchiate nei margini di frange o cunei di foresta ( e, non molto sopra, la frattura già col mondo dell' altamontagna, la dichiarata astrazione dei rigidi impassibili bastioni morenici e le sfingi gelide avanzate dai ghiacciai ). Ma anche lì c' è una trasformazione, revocata sembra sia stata la portentosa complicità che l' attiguo gran bosco da spiragli del suo chiuso, del suo segreto dispen-sava a quelle poche case raccolte in guardinghe radure, svanita la possibilità - trovata soltanto qui - della cara illusione volutamente infantile, che di tra i prossimi e fitti tronchi secolari, dall' ombra gelosa dei recessi, dai pozzi di sole delle radure ovattate di muschi e protette da felci, minuscoli abitatori, bizzarri, i protagonisti delle suggestive fole, delle indimenticabili leggende, sì e no dissi-mulati, amichevolmente facessero segno.
È deluso. Cerca di reagire, si ripromette di riflettere meglio dopo, con maggior calma.
E così ecco arrivata la sera, la famosa sera di Aiguilles, che in estate si foggia tardi e lentamente. Il sole si fa dare il cambio piano piano lasciando nella concavità della Valglaciers un lucido chiarore che persiste, tarda a diventare crepuscolo; e però lo stesso sole si ritira - uno spettacolo che ha dell' ipnotico — con reciso distacco, progressivamente librandosi su per le muraglie della grande catena, esiliandosi via via più in alto nei dirupi senza fine, che allora drizzano e innalzano ancor più su i loro immani perpendicoli, sino a regioni irreali, ad inverosimili altezze, in una dorata fantasmagoria ( e conturbante l' ombra a vene nelle crepe delle lastronate, a dardi in certe sghembe incisioni, a pilastri e a prismi nei vuoti densi dei diedri, a grumi sotto gli strapiombi, a voragini nelle fenditure vertiginose che in molti punti spaccano gli appicchi sprofondando sin quasi alla vallatanonché, diversificando, rimonta regalmente, la conclusiva luce, le chine e le cupole glaciali crean-dovi soffusioni rosate cangianti da laterna magica, da assorta malìa. Fino ai momenti ultimi, quando già la notte subentrante dal basso si diffonde a colmare ogni anfratto e a scalare disinvoltamente i burroni: ma prima che s' inerpichi ad ammantare le vette, scaglie làmine gocce cupree sui pinnacoli estremi, sulle glorie del granito, stregate faci ardenti sugli algidi culmini, si mostrano sino ad aver dato la dimensione massima, mostrato la qualità suprema del reame intangibile, in realtà incon-quistabile, che sta arroccato lassù.
1> Anche stasera — questo almeno sì, per fortuna -nulla sembra variato nello stacco purissimo, gal-leggiante sul buio, di quelle eccelse solitudini, il fascino non è scemato affatto dell' assoluta, ermetica separazione da chi guarda dal fondo, prero-gativa che del resto niente, neanche le notturne spedizioni barando con la luna o adoprando le irrisorie lampade, può minimamente scalfire. Ma malauguratamente... Egli avverte proprio adesso che purtroppo l' effetto di cambiamento, di dete-rioramento, l' astruso maleficio, dev' essersi esteso a certe altre sensazioni legate alla magia di questi sommi deserti. In che modo? Sta risalendo in auto verso il mirabolante artificio del traforo, in men che non si dica sarà di là, nella notte già fonda, ma comodamente a casa. Alza un' ultima volta gli occhi alle sommità che qui tenaci resisteranno ancóra contro la scura marea ( gli orli lumine-scenti s' intravedono in alto in alto, come sostenuti sino allo stremo dalle cupe sagome sottostanti, di cenge esilissime, assurdi passaggi sospesi su incredibili abissi, e tratti emergenti delle creste superiori, con gli accesi segnali, accennanti parvenze, simboli esaltanti anche se ridotti ormai a barlumi ). Ma ecco, dove è finita l' altra impressione che si poteva provare, l' altra suggestione grande, determinante: che quelle moli poderose e in-quientanti, in risposta a certi moti dell' animo e tanto più in ore siffatte si espandessero sconfinata-mente, e in mezzo odi là da esse l' ignoto, il mistero dilatarsi come nessun' altro seducente d' inimma plaghe, inesprimibili estensioni, i nascondigli proibiti delle meraviglie ultime che non rin-verremo mai eppure è proprio per questo « mai » che fatalmente ci attira la montagna? E perché, ad Aiguilles lui trovandosi, più non lo prende, lo accompagna il vagheggiar di ritrovare la Valvento, Brenva, i posti che stanno « dall' altra parte »? Ma già, così vicini come son diventati, con così breve e facile ritorno... Prima da qui erano agognati, da qui persi, giacenti senza quasi più precisi aspetti in una distanza remota, lontananti nella misura provocata dall' invertirsi delle trame del mito attraverso il precipite regno. Presente- mente di questo non c' è più nulla. Dissolta la disponibilità dell' essenziale miraggio.
Egli sta per rientrare nello scorrevole tunnel il quale non ha potuto che essere irrispettoso delle chimere e produrre risultati contrastanti; e ha ormai capito pienamente perché quella certa ineguagliabile bellezza, quell' eccezionale tesoro — fantasticheria d' una adulta fiaba felice, commossa visione, prodigio, incanto - sono andati perduti.
Ed è con non poca tristezza che guida l' auto l' ingresso, al buco banale sotto le sublimi pareti della cattedrale dell' altezza e del sogno, e si ritrova nell' interno del monte. Brenva è a meno di venti chilometri. Con dispetto ora egli accelera.